Cognome di entrambi i genitori : ora si può
Il caso: una coppia chiede all'Ufficiale di Stato Civile di attribuire il cognome materno al proprio figlio, in aggiunta a quello paterno. Di fronte al diniego da parte dell'Ufficiale la coppia si rivolge al Tribunale, ma il ricorso viene respinto.
Sul caso è chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale.
La sentenza: Con la sentenza 286/2016 la Corte ha evidenziato che "nella famiglia fondata sul matrimonio rimane tuttora preclusa la possibilità per la madre di attribuire al figlio, sin dalla nascita, il proprio cognome, nonché la possibilità per il figlio di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome della madre. Questa preclusione pregiudica il diritto all'identità personale del minore e, al contempo, costituisce un'irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi, che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell'unità familiare".
Di conseguenza, anche sulla base di ulteriori argomentazioni giuridiche, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tutta una serie di norme civilistiche – e dell'ordinamento di stato civile - nella parte in cui non consentono ai genitori, anche adottivi, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita (o dell'adozione), anche il cognome materno.
In conclusione con la sentenza citata è ora possibile attribuire il doppio cognome ai figli, ma questo solo nel caso di accordo tra i genitori. La Consulta ha comunque sottolineato la necessità "di un indifferibile intento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità". Non è quindi escluso che il Legislatore, accanto alla facoltà del doppio cognome, possa prevedere anche il diritto della coppia di attribuire unicamente quello della sola madre, in alternativa a quello del padre.
NOVEMBRE 2016
N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.
Contratto di locazione non registrato: nessun canone è dovuto
Il caso: Il proprietario di un immobile promuove un giudizio avverso l'inquilino, per omesso pagamento dei canoni di locazione. Il punto è che il contratto in questione non è registrato all'Agenzia delle Entrate, tanto che il convenuto sostiene che le parti avessero semplicemente concordato la stipula in tempi successivi. Terminato il primo grado, la questione finisce in appello, ove la Corte stabilisce che il contratto di locazione doveva considerarsi inefficace, perché non registrato, ma che l'inefficacia del contratto non esimeva tuttavia l'occupante dall'obbligo di pagamento del canone come corrispettivo della detenzione. Il caso finisce in cassazione
La sentenza: la Corte, con sentenza n.25503/2016, emette una pronuncia estremamente rigorosa verso la proprietà sulla base del fatto che oggi, per legge, i contratti di locazione sono nulli – non semplicemente inefficaci, come stabilito dalla corte d'Appello – se non registrati. Censura quindi il ragionamento della Corte d'Appello stessa, che aveva dato una interpretazione troppo flessibile della norma di legge, anche sulla base del fatto che la Corte costituzionale ha qualificato nella fattispecie la norma tributaria come norma imperativa, come tale quindi impossibile da bypassare. A fronte di un contratto di locazione non registrato, pertanto, sembra che l'unica tutela a favore della proprietà sia avanzare una richiesta per indebito arricchimento, ai sensi dell'articolo 2041 del codice civile; unica azione in senso lato "risarcitoria" possibile a fronte della nullità di un contratto.
DICEMBRE 2016
N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.
Anche i nonni possono essere obbligati a mantenere i nipoti.
Il caso: una coppia si separa e il padre non adempie all'obbligo di mantenimento della figlia. La madre, d'altra parte, non dispone dei mezzi necessari, dovendo concorrere anche alle spese di un altro figlio con lei convivente, nato dalla relazione con un'altra persona.
La donna chiede al Tribunale che al mantenimento della bambina provvedano quindi i nonni.
La sentenza: il Tribunale di Parma (sentenza del 13/5/2014) dispone che i nonni debbano concorrere alle spese di vita della nipote, quantificate in euro 5.900 annui. In particolare suddivide l'onere in questione tra nonni paterni e materni "ripartendo tale comune obbligazione in base ai redditi di ciascuno di essi per come risultanti in atti sulla base delle acquisite rispettive dichiarazioni dei redditi".
Se i genitori non sono in grado di mantenere i figli, in via quindi sussidiaria, per legge l'obbligo si estende a tutti gli ascendenti di pari grado, i quali sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli.
Maggio 2014
N.B. il presente articolo ha uno scopo meramente informativo e orientativo. Non può essere inteso, nemmeno in senso lato, come parere professionale. Nel caso di problematiche occorre sempre rivolgersi al proprio legale di fiducia e far esaminare il caso concreto al fine di ottenere un parere personalizzato e completamente attendibile.